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martedì 1 febbraio 2011

Fibulazione = Mutilazioni genitali Femminili.


La circoncisione femminile è molto diffusa nel Corno d’Africa, sia tra le popolazioni musulmane, che tra quelle cristiane. E non solo nel Corno d’Africa. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha calcolato che le donne infibulate siano 130 milioni, con un ritmo di due milioni all’anno di nuove vittime. Sono diffuse in quaranta paesi, dall’Africa sub-Sahariana (Sudan, Somalia e Mali) alla penisola araba ed anche in alcune zone dell’Asia sud-orientale (Indonesia). L’Italia è stato il paese in Europa con il più alto numero di donne mutilate fra le immigrate, ma lo scorso 9 gennaio è stata approvata dal Parlamento la legge sulle mutilazioni femminili, che punisce con la reclusione da 4 a 12 anni chiunque pratichi la circoncisione con scopi non terapeutici e prevede la sospensione fino a dieci anni dall’Ordine per i medici che compiono queste pratiche.
In molte comunità la circoncisione femminile è considerata un rito di passaggio all'età adulta e al tempo stesso un'accettazione dei valori tradizionali. Attraverso la continuazione di questa pratica le comunità riaffermano la loro volontà di rimanere fedeli alla tradizione e alla loro identità culturale. Per questo motivo la donna è spesso soggetta ad una forte pressione sociale. La circoncisione femminile è anche e soprattutto un modo per controllare la sessualità femminile. In Egitto, Sudan e Somalia la circoncisione femminile è considerata come un modo per garantire la verginità e con la verginità della donna l'onore del clan o della famiglia. In Uganda e in Kenya il significato che le è attribuito è ancora diverso: non serve a ribadire la purezza della donna vergine, ma a diminuire il desiderio della donna sposata in modo da consentire al marito di avere più mogli.
Sono quattro le tipologie di mutilazioni a cui vengono sottoposte le donne, spesso nei primi giorni di vita:
La prima, meno grave, è conosciuta come circoncisione “as sunnah” e consiste nel praticare un taglio sul clitoride affinché fuoriescano sette gocce di sangue che simbolicamente servono a purificare la donna.

La seconda, l’escissione “al uasat”, comporta l’asportazione del clitoride e, talvolta, anche il taglio, totale o parziale, delle piccole
labbra.

La terza è conosciuta come “circoncisione faraonica”, perché trae la sua origine dalle tradizioni dell’Antico Egitto. Alla clitoridectomia si aggiunge l’asportazione delle piccole labbra e di parte delle grandi labbra. Infine, dopo aver cauterizzato la ferita viene ricucita la vulva (“fibulazione”), in modo da lasciare solo un piccolo foro per la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale.

Infine, c’è un quarto tipo, ancora più invasivo, che oltre alle mutilazioni prevede anche degli interventi di varia natura sui genitali femminili.

La pratica dell’infibulazione faraonica serve a garantire la verginità al futuro sposo, ma per la donna comporta fortissimi dolori durante l’atto sessuale e, ancor di più, durante i parti. Spesso, inoltre, insorgono anche delle complicazioni, dalle cistiti, alle infezioni vaginali, fino ad arrivare alla setticemia. Le operazioni vengono compiute per lo più senza anestesia e con mezzi di fortuna, raramente sterilizzati: coltelli, rasoi (a volte anche arrugginiti) e perfino pezzi di vetro. In alcune regioni del Corno d’Africa una donna non infibulata viene considerata impura e ha grosse difficoltà a trovare marito. Alcune donne arrivano anche a farsi reinfibulare, cioè cucire nuovamente, dopo i parti, dal momento che questi eventi comportano la scomparsa dei punti.
Il governo eritreo il 31 marzo 2007, con un comunicato pubblicato sul sito del ministero dell'informazione del governo eritreo che faceva riferimento alla proclamazione 158/2007 pubblicata sulla Gazzetta delle Leggi Eritree il 20 marzo 2007, ha annunciato di aver messo al bando la mutilazione genitale femminile portando a quindici i paesi africani che hanno adottato tale provvedimento. Chi la pratica o vi si sottopone rischia pene severe: da multe salate al carcere.
In realtà in Eritrea la pubblicazione della legge ha sancito non l’inizio ma il definitivo completamento di un lunghissimo percorso di progresso sociale fortemente voluto dalle donne eritree riunite dal 1979 nella Nuew (Unione Nazionale delle Donne Eritree), trasformata nel 1992 in Ong, le quali fin dai  tempi della lotta per l’indipendenza del paese avevano intrapreso il loro lungo impegno in difesa dei propri diritti.
Grazie all’impegno di moltissime donne è stato possibile realizzare una campagna di diffusione capillare in tutte le città e villaggi attraverso la quale è stato spiegato quanto la pratica delle mutilazioni femminili fosse priva di una qualunque reale motivazione di tipo religioso, medico o sociale, e quanto questa fosse invasiva e pericolosa per le donne. In questa fase oltre alla distribuzione di materiale illustrativo realizzato in tutte e nove le lingue corrispondenti alle nove etnie presenti in Eritrea, si è fatto ricorso alla attiva partecipazione dei rappresentanti delle varie confessioni religiose, dei medici e delle autorità locali che si sono dichiarate contrarie a tale pratica che quindi doveva essere considerata una attività da loro non richiesta e assolutamente non condivisa.
In una fase successiva è stato mostrato alle donne un filmato documentario girato nel corso di una operazione durante la quale veniva praticata una mutilazione femminile, contando sulla consapevolezza che la maggior parte delle donne non aveva assistito a un evento del genere e che quando ne erano state soggetto passivo erano troppo piccole per ricordarlo in tutto il suo orrore (in Eritrea la mutilazione si pratica entro il quarantesimo giorno di vita). L’effetto è stato devastante tanto che la maggior parte delle donne ne è rimasta così sconvolta da giurare che da quel momento la sua vita sarebbe cambiata e che per nessuna ragione al mondo avrebbe lasciato fare una cosa del genere a una sua figlia.
Tutto questo processo ha richiesto anni di lavoro e ingentissime risorse economiche e umane ma ha aperto la strada a una legge che suggella con autorevolezza un fondamentale percorso di emancipazione e giustizia nei confronti di tutte le donne eritree che non mancherà di rappresentare un esempio per tutta l’Africa.


Ho voluto riproporre questo articolo perchè ho visto un programma dove spiegava la fibulazione e dove riportava un esempio di una ragazza di 18 anni che nata in Somalia gli era stata praticata questa usanza quando era piccolissima, naturalmente la ragazza ha dei problemi, attualmente vive in America è una ragazza integrata nella società moderna ma non potrà mai avere una vita sessuale.
Questa cosa mi ha sconvolto sapevo dell'esistenza di questa pratica ma non pensavo o forse non mi ero soffermata abbastanza a pensare (come facciamo molto spesso) a quanto sia orribile. Per non parlare di quanti neonati muoiono per colpa di questa pratica!

Leggendo questo articolo sono fiduciosa che grazie alla legge questa pratica verrà praticata molto meno anche se non penso che scomparirà, e cmq penso che la pena sia veramente poca ma spero che sia solo l'inizio per fare molto di più!

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